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322 t. campanella


XCII

Al medesimo

É lieto di esser stato liberato dalla «gelosia della sua grazia»; gli fa poi sapere che il fratello, signor di Valavès, non ha voluto il pecorello e le medaglie, delle quali egli, per timore gli fossero chieste, non ha parlato con coloro che avrebbero potuto informarne il fratello del re [Monsú] ed il Richelieu; mostra ancora che, disputando, non toglie ad altri la loro opinione, essendo venuto in Francia sopra a tutto per non rinunziare alla libertá; in ultimo, cerca di chiarire come il Naudé si dolga di lui senza ragione.

          Illustrissimo e reverendissimo
               signore e padrone colendissimo,

La ultima di Vostra Signoria illustrissima e reverendissima mi fu di sommo contento, avendomi levato dal core la gelosia della sua grazia, della quale né in me né in lei potevo averne sospetto, ma negli eventi esteriori e fortuiti impercettibili. È venuto l’illustrissimo signor suo fratello: mi disse l’arcivescovo d’Aix che non lo posso trovare perché sta sempre in negozio. Venne da me Sua Signoria illustrissima e mi recò tanta consolazione quanta forsi s’io vedessi Vostra Signoria: e la presenza maestosa e ’l trattar cortese e modestissimo e ’l portamento grave ben mostravano quel che egli è. Li recai subito il pecorello e li parlai delle medaglie che son assai piú antique e piú rare che le romane, con insegne mirabili delle republiche nostrali, Cotrone, Regio, Locri, Ipponia, Turii, Brezia, Caulonia, Pandosia, con molto sdegno che si siano perdute in casa dell’ambasciatore, non so come. Con tutto ciò non volle Sua Signoria illustrissima pigliar il pecorello, dicendo: «Non importa»; e scongiurato mi rispose: «Sará tempo». Io sto per andar domane o in questa semana a’ bagni col signor abbate Del Thou; e però andai ieri a trovare questo signore suo fratello, non lo trovai e per dubbio non lo vedessi piú, se ben mi ha detto che ci rivederemo, metto il pecorello