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lei ed a me non serve. E cosí le medaglie; e restai scornatissimo che non sian tutte, né l’abbia tenute. E per questo adesso, e perché rifiuta come vanitá l’officiositá mia nello stampar qualche cosa col suo nome per memoria del mio debito e di quel che le deve il mondo, come a statua viva della eterna beneficenza; verrei in pensiero che Vostra Signoria non ha gusto ch’io le sia servitore e mi par un volermi licenziare, tanto piú che tien almeno probabilmente ch’io sia quel che m’han descritto a Vostra Signoria illustrissima questa ociosa gente zizaniosa, parlante di quel che non sa. Dio lor perdoni, ed a Vostra Signoria illustrissima e reverendissima dia lunga vita e sempre maggior forze per beneficio di tutti buoni. Saluto.
Parigi, a’ 17 luglio 1635.
Di V. S. illustrissima e reverendissima |
All’illustrissimo e reverendissimo signor
l’abbate Fabri, monsieur de Peresc,
padron colendissimo,
in Aix.