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lettere 309

Però desidero che resti persuasa Sua Eminenza ch’io non voglio far cosa alcuna in suo disgusto, ma servirla sempre. E si sa, e presto si vedrá meglio, quant’io mi adopro per servizio di tutta la casa. Mandai a Nostro Signore dopo pasca subito alcune cose di quel che fo per ben commune, — credo Sua Eminenza l’averà visto; — ed un’altra cosa all’ambasciator mio conservatore.

Qua non si dorme: non scrivo per non far torto a’ signori nunci. A’ quali non cedo di veracitá senza disegno, ed avanzo d’affezione per obligo ed elezione. Desidero nelle cose mie con questi signori Vostra Signoria illustrissima sia mio avvocato e curatore: e vedo che non posso appigliarmi a piú sicura guida. È necessario ch’io stampi la Teologia, che son trenta libri dedicati al Cardinal Duca, e quindici di Metafisica al re cristianissimo, e molte altre opere, in particolar le Disputazioni sopra la fisiologia, etica, politica, economica e Cittá del sole ed altri opusculi, li quali tutti son passati ultra montes, in Francia e Germania piú volte, come sa Favilla e ’l conte mio [Castelvillano]; e sempre ho scritto che non si stampassero, perché l’ho megliorati. Adesso non ho piú scusa. Mi vengono richiesti da Inghilterra, da Germania e da’ miei francesi. Però è necessario che l’eminentissimo Barberino si contenti sian revisti qua da chi comanderá il signor Cardinal duca, e che sian visti da’ miei frati dottissimi di san Iacobo ancora; altrimente si daranno a luce con farli riveder alla Sorbona ed a questi padri. Ma non quelli che porto approvati da Roma.

È vero quel che Vostra Signoria illustrissima dice, che dovevo stampare qualche libro teologico sul principio; ma in veritá io non fui autor di questo Medicinale che si stampasse, e restai ammirato (piando lo vidi. È vero ch’io ho dato a riveder un centone tomistico centra pseudotomisti De praedestinatione et reprobatione, assai necessario per scavallar l’ateismo e calvinismo provato con l’autoritá di san Tomaso da’ teologastri; e visto lo stamparò. E questo communicai piú volte con Nostro Signore in Roma, dicendoli che né prencipi laici né i teologi ecclesiastici, particolarmente i nostri, pònno