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ch’io ne parlassi se non con riputazione grande. Di grazia Vostra Signoria illustrissima si levi questo scrupolo e mi tenga per vero suo servo egreggio filosofico e non cortigiano né vacantello; e mi scriva donde ha saputo questo, perché lo farò disdire in presenza di buoni. Questi ben veggiono quanto io stimo Vostra Signoria illustrissima e come ne parlo, e m’invidiano la sua grazia; né può esser omo bono chi questo scrive, e dubito di persona che dice e scrive mal di tutti, e del Galileo e di Telesio e di Copernico, di Stigliola. Sto aspettando il baullo ed omnia. Non so se Rossi le ha portato la mia, e s’ha avuto l’altre. Scrivo correndo. A dio.
Parigi, 25 maggio 1635.
Di V. S. illustrissima e reverendissima |
Fo riverenza al signor Cassendo, e la prego che li faccia parte di questa veritá: perché io piú stimo un monte d’oro com’è lui, che mille di pietra come sono questi ciarloni rapportatori. Scrivo in fretta ed in colera, e non ho voluto differire. Però scusi lo scrivere intricato.
All’illustrissimo e reverendissimo signor
l’abbate Fabri, monsieur de Peresc,
padron colendissimo.
in Aix.