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lettere 23

revelanti sunt ex dicto fratris Dionysii qui omnia negavit. Se ne fuggío e si fe’ turco, ché tanto gridato al cane lupo lupo, che si fe’ lupo. Ma Dio lo permesse per la sua lussuria; perché esso ha riferito le parole mie d’altro modo, volendo uscire in campagna a vendicar la morte di suo zio ammazzato da altri frati: e però dicea che dovea perir il regno; e certi carcerati per debito l’accusâro e s’indultâro e premii acquistâro.

Or, signor mio, ben sa ella che tutti profeti passâro per questa accusa: Micheas «quia non prophetat nobis bona»; Isaia per lo stesso mori; Ieremia «moriatur quare dixit contro templum hoc etc.». De gli altri si legge sempre questa accusa: «benedixit Deo et regi»; e Platone e Senofonte nell’Apologia in favor di Socrate dicon che questa è querela antica contra li sapienti nati ad illuminar la gente al meglior vivere, e però odiati da chi governa male. Non mi ammacchia fra Dionisio, sendo scritto: «erunt duo in eodem lecto, unus assumetur, alias relinquetur»: e san Giovanni: «ex nobis exierunt, sed non erant ex nobis, nam permansissent etc.».

Avendo io l’anno [15]98 predicato il fin del mondo e la renovazion del secolo per la mutazion del sole che da Tolomeo in qua è calato cento e diecimila miglia, e per la obliquitá del Zodiaco mancata trenta miglia incirca, e per la mutazion dell’apogei, eccentricitá e d’equinozii e solstizii ch’arrivano al proprio quatrato di novanta gradi dal principio del mondo in qua, e son confuse tutte le figure celesti — cose non intese dagli antichi, parte scoperte da Copernico con l’osservanze passate, ma con falsi principii e cause, non cause ragionate, e da me conosciute solo per sintomi della morte del mondo perituro per fuoco, onde scrissi quattro libri della mortalitá del mondo in favore di san Pietro, Contra Aristotele e Tolomeo e Copernico e Telesio, e palesai come è giorno il tempo, «virtutes coelorum movebuntur»; — tutta la gente mi venea a dimandar di questo. Occorse nel medesimo tempo l’inondazion del Tevere ed in Calabria cometa e visioni in aria come quelle di Gerusalem, e li terremoti prodigiosi ch’inghiottîro quasi mezza la Calabria e Sicilia e fûr da me predetti ed antevisti.