Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
lettere | 281 |
pistòle a monsignor Rossi, e non ho ancora risposta; ed a Vostra Signoria significai ch’in Napoli sta carcerato mio nepote, ed in Roma fuggitivo mio fratello con perdita di quanto ci era in casa; e mandai quanti denari ho potuto e per questo non subito ho sodisfatto. Mi bisognará prosequire, e vedo che Domenedio non mi manca. Io sto piú sano che prima, e fra gente buona, caritativa che non consente alli mali ufficii che loro sono suggeriti dal mio Caino achitofellista di Roma; anzi m’avvisono e stimano piú che non merito con continui e cordiali buon officii.
Resto al suo comando, e li prego da Dio ogni felicitá della terra e del cielo. Saluto caramente il signor Cassendo — e l’aspetto — ed a tutta la casa, ospizio di virtú.
Parigi, 16 marzo 1635.
Di V. S. illustrissima |
All’illustrissimo e reverendissimo
l’abbate Fabri monsieur de Peresc,
padrone mio osservandissimo.
in Aix.
LXXXI
Ad Urbano VIII
Chiede la grazia che non si permetta al Mostro ed al Ridolfi
di continuare a fargli de’ torti.
Fui forzato scriverle l’inclusa. Pazienza se è lunga, ma necessaria a chi governa. Quel ch’io dico e fo per la gloria di Vostra Beatitudine ed utilitá de’ suoi, il tempo, gli effetti