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272 | t. campanella |
Resto sempre con maggior voglia di far cosa grata a Vostra Beatitudine, e vo conciando quel che qui l’ingratissimi han guasto, ed ogni mattino fo la colletta pro domino papa et pro rege.
Finisco baciando i santi piedi ex foto corde.
Parigi, 25 febraro 1635.
Il perpetuo fedelissimo umilissimo |
LXXVII
A monsignor Niccolò Claudio Fabri di Peiresc
Descrive la prima udienza ricevuta da Luigi XIII; e si scusa di non aver mandato danaro a Lione, perché n’ha dovuto fornire i parenti suoi che erano stati imprigionati in Napoli, col pretesto che parteggiavano per la Francia.
Illustrissimo e reverendissimo
signor padrone osservandissimo.
Alli 9 di febraro parlai al re cristianissimo con tanto suo gusto e mio che non si può credere. Ammirai in tanta maestá una somma umiltá e mansuetudine. Mi si fece incontra alcuni passi, non si mise mai in testa il bonetto, m’abbracciò due volte; e quando parlavo mi dava grande animo, e mostrava saper quel che feci per Sua Maestá. Io credo averli parlato bene, e lui interpretava; e ridea d’allegrezza ed insieme mostrava compassione de’ miei guai, e si commovea con decoro regio: sempre in piedi Sua Maestá ed io e tutti gli astanti. Mi disse: «Très bien venu etc.; non li farò mancar cosa alcuna etc., lo ricevo in mia protezione: stia allegro e sicuro».
S’è fatto il brevetto di quel mi dá, e non l’ho avuto né so quanto. Per questo tardai di scriver a Vostra Signoria illustrissima. L’altra volta l’avvisai come delle dobble, che