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lettere 259


Quel ch’han machinato con gli astrologi contra la vita di Nostro Signore, e come disse che, morto Nostro Signore, si proibiranno i suoi versi, perché ha posto la sacra scrittura in versi, me l’ha detto il padre Lupi e ’l padre Acquaviva; e stimulâro ch’io lo dicessi con altre cose ch’ho taciuto, perché questa sola apparteneva a me ch’ero il commentatore. Se si muta fortuna, vederá Vostra Eminenza s’io o loro sono li fedeli a casa Barberina.

Io desidero da Vostra Eminenza, e la prego umilmente, che mi continui la lemosina di quindici scudi d’oro al mese qui in Francia come l’aveva in Roma, — il che Vostra Eminenza l’ha concesso anche a Gaspare Scioppio; — e con questa autoritá e credito potrò servirla, e vedrá che li servo etiam senza questo per molti ambasciatori. Secondo, li dimando che mi raccomandi a questi padroni, e faccia determinare il cardinale Antonio mi mandi patenti di potere stare in ogni convento che mi sará utile. Terzo, che non pensi che sciocchezza mia mi fe’ tanto odioso a spagnoli, perché ho scritto per loro la Monarchia di Spagna, il Panegirico ai principi d’Italia, per quella gli Articoli profetali; e l’hanno e si servono di queste in Ispagna. E trattai col conte Monterey, col Castel Rodriguez, con Savedra, con Federigo Moles, col Cardinal Spinola — del cui padre io fui mastro, — con monsignor Massimi e con altri, ché mi dessero qualche poco piazza per assicurarsi che nullo dimandarla da me cosa contra loro, e sempre mi guardai. Ma il male è venuto d’onde io sopra scrissi. Il resto scrissi a Nostro Signore ed al signor contestabile.

Stia sicuro che sempre sarò suo servo fedele. In questa settimana parlerò al re cristianissimo ed al cardinal duca. Non l’avviso le cose, perché ha i nunci; ma quando occorrerá, sarò pronto. A cose di Stato non mi intricarò: leggerò contra eretici se comandano, e cercarò di finir in pace tanti guai. E sempre pregarò Dio per la salute di Nostro Signore e di tutta sua casa, e di Vostra Eminenza in particolare, che mi fe’ venire qua senza turbamento di core. Le fo umilissima riverenza.