Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
lettere | 257 |
per ordinario li tre grandi otfiziali della nostra religione aspettan cardinalato in morte d’alcun de’ nostri cardinali; e però quando veggono un che è fuor di questo predicamento esser stimato dal santo pontefice e dai suoi, subito l’ordiscono la caduta. Come ha fatto il padre generale ed il padre Mostro contra me, ma non l’Acquanegra che era piú schietto: e però ne cacciâr fuori per sé e per altri quelle dicerie sopra la pratica mia in palazzo, e perché hanno una massima — mandatali dal mastro loro ch’è morto, ed intercetta da Pietro quondam cardinale Aldobrandino, come mi mostrâro due padri segnalati, un de’ quali è loro amico e spagnolo, l’altro fiorentino e novo vescovo, — che dice: «contra chi può prevenirvi nelle dignitá ed altro, screditatelo, ingannate, tradite, date bone parole e mai non rompete del tutto». Tutte queste cose fecero con me.
Dissero prima ch’io son contrario alle scienze comuni; e nondimeno provai che non dico cosa che non sia di padri santi e di scolastici, come si vede dalle questioni. Poi dissero che io non son tomista; ed io provai che essi non sanno san Tomaso o me, o né l’un né l’altro. E dimandai lezione per leggere san Tomaso ad literam con tutti padri e concili; e per non intrar in obligo di dir bene di me, il padre generale mai non volle farlo, com’è noto in convento e nelle mie proteste, e lo sa il padre Firenzola ed il padre Bartoli, e presto si vedrá in un libro fatto contro pseudothomistas. Poi dissero che non son aristotelico; ed io provai con le nostre costituzioni e con san Tomaso e con tutti i padri, particolarmente Agostino, Giustino, Gregorio nisseno e Clemente alessandrino: che sia errore ereticale intronizzare alcun filosofo nella scuola cristiana; e che d’ognun si deve pigliare quel che dice di buono; e che Aristotile, per testimonio di san Tomaso, di sant’Agostino e di tutti i padri, non è l’ottimo di filosofi; e che se si dovesse intronizzare alcuno, quello sarebbe Platone; e che il concilio laterano e viennese e tanti sinodi parisiensi condannano questi addetti ad Aristotile; e che Melchior Cano, gran tomista, irato dice: «habent Aristotelem pro Christo,