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lettere 217


E tutti questi titoli s’alterano dall’usanza e da’ principi a lor modo; perché si legge nell’Epistole di san Geronimo e di san Bernardo e nei concili, ch’ai papa si dava il reverendissimo ed a’ cardinali il venerabile, il deoamabile, ad altri il santissimo. Anzi Geronimo ad Agostino scrive cosi; «Beatissimo papae Angustino»; e non ebbero mai fermezza i titoli. Alli re scrive Pietro Crescenzo: «All’eccellentissimo misser Carlo d’Angiò re di Napoli»; poi fu trovato il serenissimo ed invittissimo e si lasciò il missere, che vuol dire: mio signore. Di piú, questi vocaboli non si considerano dall’imposizione per etimologia, ma dall’onor a che significar son imposti; perché illustrissimo come il sole, è piú che serenissimo come l’aer disnebbiato, e nondimeno quello è titolo di baroni e questo di re.

Or perché il clero si dice eletto per sorte al governo, come profetò Isaia, e laico voi dir plebeo, a cui l’esser governato conviene; è necessario fare ch’i titoli ecclesiastici non communichino co’ laici. Il santissimo sta bene al papa; ma l’illustrissimo a cardinali, a vescovi, a baroni ed a camerieri del papa non deve esser commune. E perché giá è communicato, né si può senza disturbo contraere a cardinali, fu ben pensato dal papa mutar i titoli di cardinali. E perchè comparantur regibus, secondo i canonisti, li si potria dar la maestá e serenissimo, o l’altezza ed altissimo; ma perché non conviene, sí perché i laici si doleriano, sí anche perché la communanza con loro non giova ma noce alla dignitá clericale per le prove assai fatte da me in detto discorso, per questo io dissi che il papa deve alterarli, ed accennai i modi. E di piú, che altri vocabuli son laudativi, altri onorificativi, altri glorificativi, altri mirificativi, secondo scrissi nell’Etica, parlando della virtú della beneloquenza e benevolenza e beneficenza che ci guidano verso il prossimo: si deve considerare dal papa quali siano ed a che grado di superioritá ed inferioritá convengono.

Io son un verme, non voglio dar consulta in ciò se non sono comandato per obedienza, né voglio piú mostrar di