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216 t. campanella

LIV

Al padre Ippolito Lanci di Acquanegra

De’ titoli.

Padre reverendissimo,

Scrivo di mala voglia, però lasciai di farlo sin ora ch’ella m’astringe, non solo perché sto scontento per non poter ottener un minimo favore da questi signori ma guai, donde speravo requie dopo ventotto anni di afflizioni; ma ancora perché scrissi di questa materia a richiesta di don Virginio Cesarini un opuscolo e dissi a Vostra Paternitá reverendissima se ’l facesse venire, e stavo in questa speranza. Ora dunque scrivo in fretta ed a forza.

Lascio la definizion del vocabulo e dell’essenza di titoli; e dico qualche divisione per saper quali titoli son alterabili, e venir a risponder s’è bene alterarli, massime ne’cardinali. Altri titoli son dell’officio e funzione che han nella republica i personaggi atti al governo, come tra laici d’imperatore, re, duca, conte etc.: e questi non si pònno alterare né si devono. Cosí è nella chiesa: titoli di papa, cardinale, arcivescovo, patriarca, vescovo, abbate etc., tutti inalterabili per le cause predette. Altri son titoli della professione, come di teologo, medico, poeta, fisiologo, oratore, grammatico, pittore, mercante, marinaro con gli altri spettanti all’arti speculative e mecaniche, liberali e servili: non si pònno alterare per quel che ne scrissi in detto opuscolo. Altri sono titoli significativi della dignitá delle persone egreggie, come illustrissimo, santissimo, reverendissimo, venerabile, clarissimo, serenissimo: delli quali alcuni hanno il sostantivo, come riverenza, santitá, altri non l’hanno, come illustrissimo, clarissimo, dico nell’usanza. Ci è poi titolo di altezza solo sostantivo, e non s’usa altissimo, come signori e signoria.