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lettere 133

Vostra Signoria mossa cosí facilmente, mi par vedere in lei quella puritá ch’io cerco nelli spiriti umani che devono esser atti ad ogni scienza, e non ostinarsi in nulla opinione.

Il giudicio che fa di me, ch’io sia sopra Pico o qual Pico, è troppo alto per me; e credo che ella mi misuri con misura della sua perfezione. Io, signor mio, non ebbi mai li favori e grazie singulari di Pico, che fu nobilissimo e ricchissimo, ed ebbe libri a copia e maestri assai, e comoditá di filosofare e vita tranquilla: le quali cose fan fruttar mirabilmente un fecondo ingegno. Ma io in bassa fortuna nacqui e dalli ventitré anni di mia vita sin ad ora, che n’ho trentanove da finir a settembre, sempre fui persequitato e calunniato, da che scrissi contra Aristotile di diciotto anni; ma il colmo cominciò a ventitré con questo titolo: Quomodo literas scit cum non didicerit? Son otto anni continui che sto in man di nemici, e per sapientiam et per stultitiam sette volte dalla presentissima morte il Senno eterno mi liberò; ed inanti a questi otto anni stetti in carceri piú volte, che non posso numerare un mese di vera libertá, se non di relegazione; ebbi tormenti inusitati e li piú spantosi del mondo, cinque fiate e sempre in timore e dolori.

Nella gioventú mia non ebbi maestri se non di grammatica, e dui anni di logica e fisica d’Aristotile, la quale subito rinegai come sofistica; e studiai solo tutte scienze da per me, e scrissi cose non volgari; e caminai per tutte le sètte antiche e moderne di filosofi, di medici, di matematici, di legislatori e d’altri scienziati nelle arti parlatrici ed operatrici e conoscitrici, e sacre e profane d’ogni maniera; e nelle tribulazioni sempre piú imparai e trovai vero: «patientia probat viri doctrinam». E mi rallegro in quello che dice l’Ecclesiastico che fa la sapienza a’ suoi seguaci: «timorem et metum et probationem induc t super eum, et cruciabit eum in tribulatione doctrinae suae donec tentet cum in cogitationibus suis, et credat animae illius». Questo io n’ho visto e parte di quel che segue: «et firmabit illum, et iter adducet directum ad illum, et laetificabit illum et denudabit absconsa sua illi, et thesaurizabit super illum scientiam et intellectum iustitiae»: il che voglia Dio.