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lettere 7

gonfi di quella vana sorte che suole apportar la ipocrisia, abbian proposto a Vostra Altezza — per la mutazione che avverrá delle mie dottrine — che non doveva ricevermi: e questo il medesimo di che io mi partii da lei. Pure so ben io che le mutazioni di nuovi ordini, d’onori, e di viver appo i sudditi è nocevole al principe; ma le dottrine nuove, senza interesse, giovano, perché rendono il principe ammirabile e riguardevole. Onde Alessandro diceva ad Aristotile, che quella nuova scienza che a lui comunicava non la facesse ir in mano d’altri; perché egli solo volea essere ammirato per quella. Le scienze poi vecchie e communi rendono l’uomo men venerando. E perciò i legislatori proposero cose nuove e maravigliose a’ popoli.

Io ancora so stare in quelle dottrine ch’ella volesse, ordinarie; e forse piú ben degli altri: ché saper me piú dell’aristotelica le platoniche, da’ suoi avi amate, e le pitagoriche ed altre moderne, non deve diminuirmi grazia o favore appo lei, come non mi scema la scienza con la quale si governano gli stati. Dunque la supplico resti servita farmi scrivere s’io deggio ricevere questa lezione, ovvero aspettar quando mi comandará che venga a servirla. Al che resto prontissimo e dal genio molto inclinato.

Le dia il cielo maggior felicitá.

 Di Padova, 13 agosto 1593.