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fornicazione; ma darsi un filosofo in preda di tal viltá è macchia di tutta la filosofia.
Vedi Scioppio anima divina: pensi tu che Venere non lo tenta? Tutti siamo di carne: ma questa è la piú gran vittoria vincere il nemico interno. Non solo a me porti macchie e roina: ma a lui ch’in Roma ti laudò ed ausò con tanti signori, ed ogge credo che non ha faccia di mirar in quelli, perché tutti l’imbrattasti. O amico crudel ed ingrato, se non vuoi mirar l’onor tuo, mira quel degli amici; mira la opinion tua che puzza appresso tanti principi, e nella casa tua nobile poni magagna, scherno e vergogna. Ho scritto a Scioppio che ti faccia vedere tutti i libri del mastro, poiché «mastro» mi chiami: ed or vedrò se con veritá o per burla lo dici; e saperai cose che ti transumanaranno. Però, anima bella, non ti vituperare; a te io mando tutte quelle cose, leggile, ché forse rimediarai a te ed a me: non perder l’ereditá del mastro, anzi del Senno primo a cui io faccio li scolari e non a me, come tu ben sai. Guuárdati dal suo flaggello.
Se subito non obedisci, guárdati ch’io vedo ed antevedo assai di lontano; e li guai miei mi fecero piú acuto, né posso dirti tutto: credimi, credimi; se non, guai a te. Io spero che sendo d’ingegno eroico ed amorevole, almanco per darmi contentezza, lo farai, e forse io ho detto piú che non si deve ad anima tanto facile ad ogni virtú e dottrina; ma l’amor mi sporta. Tu sai ch’io piú credo a gli uomini in sapere ch’in amore; e che sendo parte dello spirito mio in te, non posso non fervidamente amarti; il che tu non puoi far tanto con me; ché li beneficii tuoi fûr esterni e non ci è tanto del tuo nel vaso mio. Dunque, lasciami dire il vero allo spirito mio in te, forsi sendo sopito si sveglierá come seme di primavera al sole, e frutterá salute a te ed a me, e gloria commune a tutto il cristianesmo. Tu sai di portare il senno dove non ci è per varios casus. ...
[Napoli, a’ primi di luglio 1607].