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lettere | 121 |
Sia io questo Mercurio. Ben sai che amor è desiderio d’immortalitá e d’eternitá; e la natura volendo eternarci in qualche modo, ci donò quello stimolo di far figli e di gettar il seme in un vaso dove si ammassasse e componesse un altro noi, talché morendo noi, resta chi è un altro noi, e non morimo del tutto. Ma questo atto non lo fe’ la natura per noi veramente: perché l’uomo morto non sente l’esser suo nel vivo, né anche nella vita de’ libri e statue e cittá e giardini che lascia; ma questo fu un inganno savio della natura, ch’è arte dalla prima Sapienza pendente, per farci desiderare onori e glorie e fatica per li posteri e per la republica, e per bene utile e per esempio loro: e cosí diede il desiderio delli figli per beneficio della republica e di tutta la specie che non s’estinguesse, ma durasse quanto e com’è mestieri all’opera del primo Senno.
Dunque allo individuo questo è un inganno; perché perde la propria sostanza e spiriti e sangue per darla altrui. Onde dicono i platonici: «subdola venus non providet natis sed nascituris»; e per tirarci a gettar la sostanza nostra, ci pose questo diletto fallace momentaneo che ne mette in una viltá, di piú, grande sí ch’il pensier nostro stia dentro un vaso di sangue mestruo e d’orina; ed a molti in peggiore, secondo il peccato loro merita, ut tradantur in reprobum sensum et reprobam voluptatem. Del che accorti i savi si procacciâro eternitá con le virtú e con accostarsi a Dio eterno, e si castrâro per il regno del cielo, stimando viltá l’eternarsi solo come fan le bestie e le piante, massime che spesso il figlio è dissimile al padre ed in luoco d’eternarlo lo disperde.
Ora tu, Flugio, sendo filosofo, che ne pretendi da femina vile? Ancor che per la prole questo facessi, saria assai poco e vil pensiero di par tuo: li figli di filosofi son tutti quasi stolidi ed ignoranti come sai nella nostra filosofia. Dunque non per questa via tu sai d’immortalarti: o vero non intendi che sia altro amore ch’una foia di gittar il seme dovunque cada, e questo è atto di bestia non d’uomo. Io mi pensavo che ’l tuo cervello sendo cosí docile non solo avanzasse il volgo in