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III
A Ferdinando I de’ Medici
È lieto di aver potuto conoscere un gran principe, e, sulle mosse di partire per Padova, si augura di averne i comandi, e non dimentica di lodarne, come ha scritto all’Usimbardi, la libreria.
Serenissimo Granduca,
Non so ch’interna grandezza d’animo ha spinto Vostra Altezza non accettandome per servitore di subito, per osservare il prudente costume di sua casa, a favorirme piú che servitore e con fatti farmi conoscere quel che a pena le parole dichiaròrno. Laonde m’ho augurato d’averle d’essere gran servitore e, ringraziatone quel che nelle cose e’ muove le voluntá alle azioni buone, d’aver conosciuto Vostra Altezza tener con ragione il nome di grande; il quale continovamente va piú innanzi con quei mezzi per li quali ha incominciato, conciossiacosaché le cose si conservano con quelle da chi han principio: e queste sono il valore e virtú, le quali necessariamente rendono superiori i lor possessori alla communitá degli uomini, e non tralasciate, li conservano.
Mi ha dato gran testimonianza di questo la libreria di Vostra Altezza, la quale è stupor del mondo ed incredibile a chi non la vede o non intende. Né il re d’Egitto, tanto professore di libri, ebbe mai sì ricca e nobile libreria. Dio conservi Vostra Altezza con tutte le cose sue. Poich’ho conosciuto questi suoi, mi n’andrò in Padova, come gli ho narrato, e ad ogni suo minimo cenno mi farò vanto per servirla.
Di Firenze, a dì 15 d’ottobre 1592.
Fra Tomasso Campanella.