guì la religione della madre. Ancor fanciulla fu, come la Ristori, fatta salire sul palco scenico: ma non piacque; e invece di battimani si levarono fischi. La madre, donna di spirito, le fece allora recitare la favola dei Fanciulli e delle Rane, ed ella la disse con tal garbo, che i fischi si mutarono in applausi. Nè solo recitava, ma senza sapere una nota di musica cantava nell’opere del padre, ed era applaudita. Un attore di quella compagnia, certo Siddons, s’invaghì di lei, ed ella aggradì il suo amore. La chiese al padre, che rifiutò. Ella, recandosi allora a noia di stare co’ suoi, entrò come damigella di compagnia in casa di miss Greathead a Warwick. Non ci durò che un anno. Tornò al teatro e all’amante. Si sposarono e andarono insieme a recitare a Liverpool, dove ella fece furore. La sua fama penetrò in Londra, e Garrick la scritturò pel suo teatro. Piacque assai; ma un autore s’ideò che un suo dramma fosse caduto per negligenza di lei, e la vessò tanto con le sue censure e diatribe, ch’ella si disanimò, e il pubblico la favorì meno; onde tornò in provincia. Recitò a Bath, celebre luogo di bagni, ed ottenne tutti i suffragi. Nel 1775 ricomparve al Drury-Lane e il suo credito risalì. Nella parte di lady Macbeth e in quella di Caterina nell’Arrigo VIII era insuperabile: il che poi prova la sua attitudine ad esprimere i tipi più diversi di ferocia, così come di dolcezza e rassegnazione. Gli avvocati di Londra le fecero un dono di cento ghinee. Passata in Irlanda e in Iscozia, fu benissimo accolta; ed uno d’Edimburgo le offerse un gran vaso d’oro con l’iscrizione al merito. Ma non poteva mai godere pienamente de’ suoi trionfi. Qualche strano accidente o qualche malva-