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Madama Roland. 131


sono i tesori che la natura m’avea dato. Ne ho perduti molti, specialmente di quelli che appartengono alla grassezza ed alla freschezza; quelli che mi sono rimasti nascondono ancora, senza che io vi metta verun’arte, cinque o sei dei miei anni, e le persone stesse che mi vedono ogni giorno se non dico loro la mia età me ne danno trentadue o trentatrè. Solo dopo le mie perdite conosco quanto io fossi ricca.»

Narrare com’ella nascesse d’un incisore il 18 marzo 1754, come si educasse da sè, e nella lettura di Plutarco diventasse repubblicana, sarebbe vanissimo, perchè a tutti è noto.

Com’è notissimo ch’ella sposò Jean-Marie Roland de la Plàtrière nel 1780, che aveva allora quarantotto anni, e che ella pure stimò ed amò grandemente. Roland, uomo saggio ed onesto, divenne ministro degli affari interni nel marzo del 1793; fu presto licenziato dal re; tornò ministro dopo l’insurrezione del 10 agosto; ma non sapendo dar nel sangue come i terroristi della Montagna, dovè rinunziare al suo posto; e poi fu proscritto coi girondini.

Ella passò per tre prigioni; l’Abbaye, Sainte-Pélagie e la Conciergérie avanti di andare al patibolo. Trovò rispetto e riguardi dalla gente più incallita alle umane sventure, i carcerieri. Fuori però l’ignobile Père Duchene, che si rinnovò con le sue buffonerie sanguinarie e le sue stupide bestemmie in questi giorni, l’andava bandendo per vecchia, laida, impudica, e gridavano cotali infamie sotto alle finestre della sua carcere. Ella in faccia alla morte si consolava con le memorie ingenue della sua giovinezza; e da queste dolcezze, che avrebbero affievolita ogni altra donna, si elevava