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pro, e l’abbuono che con tale occasione gli faceano di un grosso lor credito. Il Senato dichiarò sua figlia la Caterina, assegnandole in dote centomila ducati d’oro.

Il Doge andò a levarla di casa in sul Bucintoro, e la accompagnò fino al Lido, e sulle galee della Repubblica, con seguito veramente reale e con gli araldi del re Giacopo, partì per Famagosta, metropoli di Cipro.

Dopo un viaggiò, per varie fortune di mare, lungo e periglioso, ella giunse nell’isola, e fu con gran plauso e festa incoronata regina. La Repubblica aveva con quest’occasione contratto una lega a perpetua difesa del re e del regno, ed a suo rappresentante v’era ito Domenico Gradenigo.

Caterina, mortole il marito nel 1473, non senza sospetto di veleno, ed orba di due figliuoletti, l’uno estinto in vita del padre, l’altro nato postumo e campato poco, regnò quattordici anni assoluta signora; sebbene travagliata da tempeste interne ed esterne, suscitate specialmente da Carlotta sua cognata, moglie di Lodovico, figlio del duca di Savoia. Non solo il patrocinio veneto, ma l’amore dei popoli soggetti, l’aiutò a reggersi. Se non che, stanca, nel 1486, abbandonò Cipro, e col fratello Giorgio tornò in Venezia, ove fe’ dono e solenne cessione del suo regno, nella Basilica di San Marco, al Doge.

Il Senato, in riconoscimento del dono, investì la famiglia di lei di quattordici casali in quell’isola col nome di Commenda piccola, e poco stante, vacando la Commenda grande, di molti altri che v’eran compresi. Concesse a’ discendenti di lei d’inquartare l’insegna lusignana nelle loro arme. Nel 1489 andò a Fratalonga, ampia strada alla radice de’ colli