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DI ANACREONTE | 63 |
SOPRA SÈ STESSO.
Fama è che ’l giovin Atide
Quando ramingo trasse
Facendo con inutili querele
Di monte in monte risonar Cibele,
Per lei miseramente infuriasse.
Uom che dal verde margine
Del fiumicel sacrato
Al Dio ch’orna d’allôr la chioma bionda,
Porga le labbra a la fatidic’onda,
Mette altissime grida infuriato.
Ed io voglio, de’ balsami
Tra le soavi e care
Fragranze, e i colmi nappi, e l’allegria,
Voglio, di Bacco e dell’Amica mia
Pieno la mente e ’l petto, infuriare.
M.
SOPRA SÈ STESSO.
Tu gli sdegni Tebani, altri le gravi
Pugne di Troja canti,
Le sventurate mie battaglie io dico:
Me non offeser già rostrate navi,
O cavalieri, o’ fanti;
Ma novo aspro nimico
Che me, sedendo in due begli occhi, alletta;
Poi di là mortalmente mi saetta.
M.