Pagina:Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione, Milano, Niccolò Bettoni, 1827.djvu/228

     50Indomabile spirto. Or tu com’acqua
     In pianto ti disfai le notti, e i giorni,
     Quanti n’abbiam da Febo; e nessun altro
     De’ miei congiunti a confortarmi è presto,
     Chè queste mura a lor non dan ricetto.
     55Oltre l’Istmo pietoso han tutti albergo
     Lungi di qua, nè posso afflitta donna
     Rivolgermi ad alcun per mio conforto
     Fuor che a Pirra sorella; e questa ancora
     Per Ificle tuo figlio, e suo marito
     60Ha troppo ond’attristarsi. Ah! ben cred’io,
     Che i due più sventurati al mondo figli
     D’un Nume abbi concetti, e d’un mortale.
Così diss’ella, e fuor delle palpebre
     Spargea sul molle seno umide stille,
     65Che parean mele, al rammentarsi i figli,
     E appresso i genitor. Del pari Alcmena
     Le bianche guance fea di pianto molli,
     E mettendo dal sen gravi sospiri
     Così parlò a sua nuora in saggi detti:
     70O misera in tua prole, e che t’ingombra
     L’afflitta mente? a che turbarci entrambe
     Col rammentare i casi rei, che pianti
     Or non abbiam la prima volta? Forse
     Non basta il mal, che abbiam di giorno in giorno?
     75Di piagner vago fora ben chi tutti
     Contar volesse i nostri guai. Fa cuore;
     Che no’ tal non abbiam dal Nume incarco.
     Pur sotto il peso d’incessanti affanni
     Lagnarti io veggio, e ben ti escuso, o figlia,
     80Quand’anche il gaudio stesso alfin c’è noja.
     E troppo ti deploro, e ti compiango,
     Perchè a parte se’ tu dell’aspra sorte,
     Che sì grave sovrasta a me sul capo.
     Or io protesto ed alla stigia Dea,
     85E a Cerere velata (a cui sol faccia