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Quel che in prima cercasti. Or io del mostro
Quanto avvenne dirotti a parte a parte
(Perocchè il vuoi), fuor che dond’ei venisse.
E già nessun di tutti quanti Argivi
Notizia certa porìa darne. Solo
Congetturiam, che qualche Nume irato
Per sacrilegj incontro i Foronesi
Questa peste mandasse. Il fier lione
Qual fiume rovesciandosi fea scempio
De’ Pisci senza cessa, e più di tutti
I Bembiniesi abitator vicini
Soffrìano danni estremi. A questa prima
Prova Euristèo forzommi disïoso,
Che m’ancidesse la malnata belva.
Io l’arrendevol arco, e il pien di strali
Cavo turcasso tolto, in via mi posi.
All’altra mano un baston saldo avea
Di frondoso oleastro, con sua scorza,
Di non vulgar misura, che alle falde
Del sacrato Elicona intero svelsi
Con le dense radici. Appena giunsi
Al luogo del lion, ch’io presi l’arco,
Ed al pieghevol corno il nervo avvinsi,
E a questo imposi la feral saetta.
Portando gli occhi intorno io pur cercava,
Se potessi adocchiare il crudo mostro
Pria ch’egli me scorgesse. Era già mezzo-
Giorno, e in nessuna parte ancor potea
Vestigio rinvenirne, o udir ruggito.
Nè cui farne ricerca eravi alcuno
Là per que’ campi da semenza inteso
A guardar buoi o lavorar; che in casa
Il pallido timor tutti tenea.
Ma dall’investigar l’ombroso monte
Non pria ritenni il piè, che alfin vedessi
La fiera, e seco mi mettessi a prova.