Pagina:Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione, Milano, Niccolò Bettoni, 1827.djvu/197

     A qual uopo venisti, in queste bande?
     Forse in traccia d’Augea, oppur d’alcuno
     De’ servi suoi? Da me, cui nulla è ascoso,
     Tutto saprai. Ne già te nato estimo
     D’iniqui genitor, nè di malvagio
     Hai tu sembianza; tale in te risplende
     Maestoso decoro, e tali al certo
     I figli son degl’Immortali in terra.
Di Giove il prode figlio a lui rispose:
     Certo, o buon vecchio, il duce degli Epei
     Augea veder m’è in grado; e qua bisogno
     Di lui mi trasse. Or se in città dimora
     Fra le sue genti al buon governo inteso,
     E a dettar leggi, fa che a lui mi scorga
     Alcun de’ più pregiati infra i suoi servi
     D’este campagne curator, con cui
     Ragionar possa, ed egli meco. Il Nume
     Bisognosi fe’ gli uomini un dell’altro.
Il degno vecchio agricoltor soggiunse:
     Ben tu qua, peregrin, venuto sei
     Per voler d’alcun Nume. Alle tue voglie
     Così tutto risponde. Il caro germe
     Del Sole Augea pur jer col figlio illustre
     Fileo qua venne a visitar per molti
     Giorni le innumerabili ricchezze,
     Ch’egli ha in campagna. Così i re talora
     Fiso hanno in cor, che il proprio sguardo assai
     Giovi a’ lor beni. Andiam; chè a ritrovarlo
     Io ti sarò fino al mio stallo guida.
Così innanzi si pose; e molti in core
     Pensier volgea mirando e la gran clava
     Ch’empiea la mano e la ferina pelle,
     Onde tal forestier venisse, e inchiesta
     Volea pur farne, ma lentezza il varro
     Chiudea sul labbro al detti per non farsi
     Troppo importuno al frettoloso Alcide.