Pagina:Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione, Milano, Niccolò Bettoni, 1827.djvu/186

     Ambo cugini dal paterno lato.
     Che se pur il cor vostro agogna guerra,
     E rotto il freno alle contese, è d’uopo
     Che la lite decidasi col sangue:
     Ida, e il valente mio cugin Polluce
     Le ostili man rimovano dall’armi.
     Noi minori d’età, Castore ed io
     Ci proveremo in campo, onde ne venga
     Minor ambascia ai genitori. Basti
     Un morto sol per casa; e restin gli altri
     A rallegrar gli amici, e per gli estinti
     A sposar le donzelle. Una gran lite
     Si giova terminar con picciol danno.
Disse: nė vani i detti suoi fe’ il Nume.
     I duo maggior d’età dal tergo in terra
     Scaricarono l’armi. In campo venne
     Linceo vibrando la robusta lancia
     Sotto il primo girone dello scudo.
     Castore il forte anch’ei scotea la punta
     Dell’asta similmente, e all’uno e all’altro
     Sventolavan le piume in cima agli elmi.
     Le lance affaticaro in pria tentando
     Se mal difesa parte alcun di loro
     Nel corpo avea; ma pria di farsi offesa
     Confitte si spezzàr ne’ duri scudi
     Le punte delle lance. Allor con spade
     Isguainate rinnovarsi incontro
     I mortiferi assalti, e sosta alcuna
     La pugna non avea. Nel largo scudo,
     E nel chiomato elmetto assai diè colpi
     Castore, e nel suo scudo assai ne rese
     Linceo dal guardo acuto, e fea la punta
     Strisciar del brando nel cimier ferrigno.
     Indi al ginocchio manco gli dirizza
     L’acuto ferro; ma col piè lo schiva
     Castore, e d’un fendente gli recide