Pagina:Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione, Milano, Niccolò Bettoni, 1827.djvu/179

     Non hai già, nè trovato il pesce d’oro.
     Questi sogni son fole. E se vuoi girne
     Veggente, e desto a rifrustar que’ luoghi,
     La speranza de’ sogni il vero pesce
     Ti farà ben cercar, se non vorrai
     Con questi sogni d’or morir di fame.


I DIOSCORI

Idillio XXII

Laudiam di Leda, e dell’Egioco Giove
     I due figli, Castorre, e il fier Polluce
     Ne’ pugili conflitti intorno intorno
     Le man fasciato di bovini cesti.
     Due volte e tre laudiam la maschia prole
     Della figlia di Testio, i due fratelli
     Lacedemonj, onde i mortali scampo
     Han ne’ perigli estremi, e gli atterriti
     Corsieri in mezzo a’ sanguinosi assalti,
     E le navi, che ad onta delle stelle
     Ora cadenti, ora nascenti in cielo
     Van preda alle indomabili procelle,
     Che gran fiotto innalzando o a poppa, o a prora,
     O donde lor più aggrada, incontro al legno
     L’urtano, e sfascian l’uno e l’altro fianco.
     Vanno squarciati penzolando a caso
     Tutti gli attrezzi, e la maestra vela.
     Precipita di notte un grosso nembo
     Dal cielo, e l’ampio mar stride percosso
     Da’ venti e dalle grandini indurate.
     Ma voi fin dal profondo in su traete
     Navi, e nocchier, che aspettano la morte.
     Tosto cessano i venti, e mite calma
     Regge il mar; qua e là sgombrano le nubi;
     Appajon l’orse, e in mezzo agli asinelli