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asfalione
Quando dopo il pescar ne venni a letto
Jer sera (e certo i’ non avea gran fumi,
Perchè, se ti sovvien, cenammo al tardi
Senza gravar la pancia), a me parea
Di star sovra una roccia ai pesci intento.
Assiso fea la guardia, e con le canne
L’ingannevol su loro esca agitava.
Un de’ più grossi l’abboccò (che in sogno
Ogni can pane s’augura, ed io pesce).
Pendea dall’amo, e ne spicciava il sangue.
La canna per quel moto ripiegossi.
Le mani io stesi, e trovai pur contrasto
Intorno all’animal, nè capia come
Con debili ferruzzi aver potessi
Pesce sì grande; ed a squarciarlo intento
Dissi: tu forse vuoi ferirmi? al certo
Mal potrai gire a nuoto. E vistol fermo
Stesivi il braccio, ed ebbi vinto il gioco.
Fuori ne trassi un aureo pesce, e tutto
Contesto d’oro. Presimi timore
Non fosse un pesce diletto a Nettuno,
O d’Anfitrite azzurra un tesorello;
Indi dall’amo a mio bell’agio il tolsi,
Perchè non vi restasse alcun frammento
D’or della bocca affisso, e me lo trassi
Con funicelle a terra, e giuramento
Feci di non mai più por piede in mare,
Ma stare in terra e dominar con l’oro.
In questo mi risveglio. Or tu, compagno,
Pon la mente a partito. Mi sgomenta
Il giuro da me fatto.
compagno
Non temere.
Tu non giurasti; perocchè veduto