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Non saran di pastori inopia e duolo
Aride poppe, e ciascheduna agnella
Con doppia prole adempierà lo stuolo.
I cittadini di città novella3
Non insolcano mai cerchio di mura
Se Delfo primamente non favella.
Lui sono gli archi e le colonne a cura
Di cittade, che al ciel poggia superba,
Son fondamenta di sue man fattura.
Fanciullo ancora e nella età più acerba
Tessea di corna di caprette un ara
Là dove le bell’acque Ortigia serba;4
Dalle selve di Cinto assai la cara
Sorella venatrice a lui ne porta,
E così fondamenta a porre impara.
Apollo a Batto fu consiglo e scorta
Di reggersi colà nel pingue lido,
Ove la patria mia Cirene è sorta.
Sotto penne di corvo in Libia nido
Alle schiere promise, e torri ai regi,
Apollo è sempre in sue promesse fido.
Tu Boedromio e Clario e cento egregi
Nomi son tuoi; fra l’are di Cirene
Del grido solo di Carneo ti fregi.
Te dalle antiche tue stanze Lacene
Della prole di Lajo il sesto rede
Trasse di Tera ad abitar le arene.
Da Tera a trasmutar Batto sè diede
Nell’Asbistico suol tuoi simulacri,
E nel grembo locò di orrevol sede,
Trovò ludi annuali e riti sacri
In cui greggia di tauri intera tinge
Gli altari tuoi di rubri ampi lavacri.
Di tanti fiori primavera cinge
Adorato Carneo tuo santo loco
Quanti April rugiadoso educa e pinge,