Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
Di là si tolse; ed io: dunque, o mia peste,
A te non piaccio? Altro amator più grato
Nel core annidi? Va a covarlo, e a lui
Porta que’ gocciolon, che pajon mele.
Qual rondinella che a raccor nov’esca
Pe’ rondinin, che nido han sotto al tetto
Ripiega il vol; tale, e più snella ancora
Dalla morbida seggia ella si scaglia
Dritto al cortile, e ver la porta, dove
La menano le gambe, e come dice
Vecchio proverbio: il toro andò nel bosco.
Venti giorni, poi otto, e nove, e dieci,
Poi undici con oggi, ed altri due
Fanno due mesi, da che siam divisi;
Tant’è ch’io non mi teso all’uso Tracio.
Ella or tutta è di Lupo. A Lupo s’apre
Anche la notte; e in nessun pregio, e conto
Noi Megaresi ignobili tapini
Tenuti siam. S’io disamar potemi,
Tutto andrìa ben; ma son come quel topo,
Che la pece assaggiò; nè medicina
So ritrovare al mal ordito amore.
Senonchè della figlia d’Epicalco
Simo a’ miei giorni acceso in mar si pose,
E ne rivenne sano. Anch’io per mare
Andronne; e già non ultimo, nè primo,
Ma soldato sarò pari a tant’altri.
tionico
Eschine, vorrei pur, che fosse il tutto
Secondo a’ voti tuoi. Che s’hai tu fermo
Di viaggiar, dà soldo Tolomeo
Più ch’altri mai cortese all’uom bennato.
eschine
Qual è nel resto?
tionico
E qual diss’io, cortese