Pagina:Callimaco Anacreonte Saffo Teocrito Mosco Bione, Milano, Niccolò Bettoni, 1827.djvu/153

     Tutto a tuo modo. Or di’, che c’è di nuovo?
eschine
L’Argivo, ed io, col Tessalo cozzone
     Api, e il soldato Cleonico stemmo
     In un mio luogo a bere. Uccisi io avea
     Due pollastrelli, e un porcellin di latte,
     E attinto un odoroso vin di Biblo,
     Che avea quattr’anni, e allora allor venuto
     Parea dal torchio, nè mancavan bulbi,
     E chiocciole, che fan gradito il bere.
     Convennesi in progresso, che vin pretto
     Si mescesse ad ognun, sol ch’ei dicesse
     Alla salute di chi ber volea.
     Noi brindisi facendo a piacer nostro.
     Cioncammo; e colei nulla in mia presenza.
     Qual pensi, ch’io nel cor mi rimanessi?
     Quand’un là motteggiò con un proverbio:
     Così stai cheta? Hai forse visto il Lupo?
     Ella s’infiammò sì, che in viso a lei
     Un solfanello acceso avresti. Il lupo
     È quel Lupo figliuol del vicin nostro
     Laba, lunghetto e molle, e che da molti
     Si tien per bello. Ecco il famoso amore,
     Ond’ella si struggea. Ben all’orecchio
     Venuto già me n’era alcun bisbiglio;
     Ma io, che invaņo ho viril barba al mento,
     Non però ne fei caso. Eram noi quattro
     Al fondo del trincare, e Larisseo
     Sul mio Lupo una tessala canzone
     Incominciò da capo. Oh cor malvagio!
     Repente diè Cinisca in più dirotti
     Pianti, che una bambina di sei anni,
     Che salir brama alla sua mamma in collo.
     Ed io allor (tu mi conosci) un pugno
     Cacciaile nella guancia e un altro appresso.
     Ella tirata su la vesta in fretta