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Due mortali già fur d’amor congiunti,
L’uno Inspirato in Amiclea favella
Si nomerebbe, ed Inspirante l’altro
In Tessalo sermon. Con ugual libra
S’amaro entrambi, e allor veracemente
Eran gli uomini d’or, quando l’amata
Pur riamava. Ah! ciò s’avveri, o Padre
Giove, o Immortali di vecchiezza ignari.
E alcuno a me dopo dugento etadi
Giù nell’inremeabile Acheronte
Tal rechi avviso; la tua fiamma, e quella
Dell’inspirante giovine leggiadro
Van per bocca d’ognuno, e sovra tutto
De’ giovanetti. Ma i celesti Numi
Del tutto disporran, come for piace.
Ben so ch’io te, bel giovine, lodando
Non avrò segno di bugia sul naso;
Perchè se talor mordi, anco risani.
Ben tosto il morso, e doppiamente giovi;
E più che pago ognor da te mi parto.
Il Ciel vi salvi, o remator valenti,
Megaresi Nisei, che sovr’ogn’altro
Ospite vostro l’Attico Diòcle
De’ giovani amatore in pregio aveste.
Sempre all’aprir di primavera a torme
Gareggiano i fanciulli alla sua tomba,
Per riportar ne’ baci il maggior vanto.
E chi più dolci labbra a labbra affigge,
Riede alla madre di ghirlande onusto.
Beato quegli ancor, che di tai baci
Giudice è fatto. Al flavo Ganimede
Quanti fa voti per aver sua bocca
Simile a Lidia pietra, onde i banchieri
Vanno esplorando l’oro fino, e schietto.