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di teocrito 129

     Con un fanciul. Nè à voi d’erbetta molle,
     O pecorelle, il satollarvi incresca
     Senza punto curar, se poi rimetta.
     Pascete, sì pascete, e tutte il seno
     Ben ben vi ricolmate, onde una parte
     N’abbian gli agnelli ed i canestri l’altra.
Dafni rispose allor soavemente.
dafni
Ver la mia bella dalle giunte ciglia
     Me di vitelle guidator dall’antro
     Guatò, e chiamommi bello, bello ed io
     Neppur render le seppi un brieve motto,
     E andai con occhi bassi al mio viaggio.
     Dolce è la voce, e il fiato di vitella,
     Dolce mugghia il vitel, dolce la vacca,
     Dolce è dormir l’estate a cielo aperto
     Presso un ruscello. Onor fanno alla quercia
     Le ghiande, al melo i pomi, e la vitella
     Alla vacca, e le vacche al lor guardiano.
Così cantaro, ed il Caprar soggiunse.
caprajo
Ben hai soave bocca, e amabil voce,
     E ben più grato, o Dafni, è udir tuo canto,
     Che succiar mele. Or le sampogne prendi
     Tu vincitor del canto. E se pur vuoi
     Mentr’io vo pascolando ammaestrarmi,
     Fia tuo premio una capra senza corni,
     Ch’empie sempre di là dagli orli il secchio.
Il garzon vincitor tripudio, e festa
     Menò saltando, come cervo salta
     Inver la madre. Afflitto l’altro e punto
     Restò d’ambascia il cor, come una sposa
     Che mesta va la prima volta a nozze.
     Indi mai sempre il primo posto s’ebbe
     Tra i pastor Dafni e giovincello ancora
     Najade Ninfa in matrimonio ottenne.