batto
Ve’, ve’, le vacche ancor, povero Egone,
Mentre agogni una misera vittoria,
S’incamminano a Stige: e la zampogna
Fabbricata da te la rode il tarlo.
coridone
Questo no, viva il ciel, che andando a Pis
Diellami in dono; e so sonare anch’io.
So i canti modular di Glauca e Pirro;
Lodo Croton. Bella città è Zacinto,
E Lacinio che guarda in vêr l’aurora,
Dov’Egon lottator solo mangiossi
Ottanta torte, e tirò giù dal monte
Per l’unghia un toro, e diello ad Amarili
Gran plauso fean le donne; ed ei ridea.
batto
Amarilli gentil; te spenta ancora
Non mai obblierò. Moristi, o cara,
Tanto a me cara, quanto le caprette.
Uh, uh, che dura sorte è a me incontrata!
coridone
Convien far core, amico Batto. Forse
Doman le cose meglio andran. Chi vive
Ha la speranza, fuor di speme, è il morto.
E Giove stesso or è sereno, or piove.
batto
Io mi fo core. Orsù caccia i vitelli
Abbasso, chè là rodono una frasca
D’ulivo i meschinelli. Olà, bianchetto.
coridone
Cimeta, presto al poggio. Non m’intendi?
Vengo a darti il malanno, affe’ di Pane,
Se non ti muovi. Oh! ve’, dà volta indietro.
Deh se avessi un randel per fracassarti!