Com’era mia vicina, e femmi instanza,
Che andassi a quel cortèo. V’andai meschina,
In bel manto di bisso fino a terra,
E sopra avea di Clearista il drappo.
Intendi, o Luna, onde il mio foco è nato.
Già sendo al mezzo della via maestra,
Dov’ha i beni Licon, veduto ho Delfi,
Il qual sen gìa con Eudamippo a coppia.
Più ch’elicriso avean lanugin bionda,
E dopo i bei sudor della palestra
Più di te rilucente, o Luna, il petto.
Intendi, o Luna, onde il mio foco è nato.
E come il vidi, oh qual furor mi prese!
Come, infelice, il cor mi fu conquiso!
La mia beltà sfiori; di quella festa
Non presimi più cura; e non so pure
Com’io facessi a ritornarmi a casa.
Struggeami un mal cocente. In letto giacqui.
Ben dieci giorni, ed altrettante notti.
Intendi, o Luna, onde il mio foco è nato.
Simile al tasso il mio color si fea:
Tutti i capelli mi cadean di testa;
E solo a me rimaso er’ossa e pelle.
E dove non andai? qual lasciai casa
Di vecchia maga? Ma per me conforto
Non v’era, e intanto disperdeasi il tempo.
Intendi, o Luna, onde il mio foco è nato.
Sì dunque apersi alla mia fante il vero:
Testili, ah! trova alle mie dure pene
Qualche rimedio. Quel garzon di Mindo
Tutta tiemmi in ambasce. Ah! vanne in guardia
Di Timageto alla palestra, dove
Andar ei suole, e con piacer fermarsi.
Intendi, o Luna, onde il mio foco è nato.
E quando il vedrai solo, a lui in disparte
Fa cenno, e di’: Simeta a sè ti chiama;