Disse, o buon Dafni, e per chi mai tant’ardi?
Sciogliete, o care Muse, un canto agreste.
Venner bifolchi, pecorai, caprai.
Tutti cercaro de’ suoi mal novella.
Priapo venne, e disse: A che ti struggi
Dafni meschino? e la Donzella in traccia
Di te pur corre ad ogni bosco e fonte.
Sciogliete, o care Muse, un canto agreste.
Ah troppo in amar folle, e senza freno!
Bifolco eri chiamato, or ben somigli
Un capraro. Il caprar quand’egli guata
Il suo belante gregge in danza, gli occhi
Struggendo va, perch’ei non nacque un irco.
Sciogliete, o care Muse, un canto agreste.
E tu in mirar le forosette in festa,
Per gli occhi ti distruggi a non potere
Entrar con esse in danza. A lor risposta
Non fe’ il bifolco; ma l’amore atroce,
E la vita all’estremo accelerava.
Sciogliete, o care Muse, un canto agreste.
Venne Ciprigna ancor dolce ridendo,
Ridendo di soppiatto, e grave doglia
Fuor simulando, a lui sì disse: O Dafni,
Ta di vincere Amor ti desti il vanto,
Or dal gravoso Amor non se’ tu vinto?
Sciogliete, o care Muse, un canto agreste.
Dafni allor disse: Ah! Venere crudele,
All’uom nimica e infesta, or sì vuoi dirmi,
Che per me il Sole è tramontato, e Dafni
Fino a Stige sarà d’Amor lo scempio.
Sciogliete, o care Muse, un canto agreste.
Va in Ida, dov’è fama, che il bifolco
A Vener... Va ad Anchise. Ivi son querce;
Qui cipero sol avvi, e qui le pecchie
Dolce ronzando van per gli alveari.
Sciogliete, o care Muse, un canto agreste.