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cazione valse a suscitare contro il nostro protagonista le animadversioni di coloro i quali pretendevano fare del Lombardo-Veneto uno stato separato con alla testa il giovine arciduca; e quel che era meno ragionevole, gli attirò anche dei rimproveri per parte di alcuni puritani del partito nazionale, che sembravano fare un addebito al giovine scrittore perchè egli domandava ad un governo straniero rimedi a curare la piaga onde era afflitta un’italiana provincia.

Ma di li a poco le cose cambiarono interamente, ed il governo nazionale che successe all’austriaco gettò subito gli occhi sopra Jacini, onde trarre profitto dai suoi lumi a vantaggio del nuovo Stato. Il ministero Rattazzi lo nominò membro di diverse commissioni finanziarie, e allorquando nel gennaio del 1860 il conte di Cavour ebbe l’incarico di comporre un nuovo ministero si diresse all’economista lombardo, cui pregò di accettare il portafoglio dei lavori pubblici.

Durante tutto il tempo in cui il nostro protagonista rimase al potere, egli non mancò di adoperarsi a tutt’uomo affinchè le grandi intraprese di cui l’ingrandimento di un regno, cui d’ora in ora si aggiungevan novelli Stati e provincie, creava il bisogno, fossero tratte a compimento. Dobbiamo al Jacini l’organizzazione dei servizî della posta e del telegrafo in tutto lo Stato e la convenzione per le strade ferrate della Lombardia e dell’Italia Centrale, la concessione delle ferrovie del littorale dalla frontiera francese alla toscana, i gran lavori del porto di Genova, e l’iniziazione dei progetti per l’aggrandimento del porto d’Ancona, e per le strade ferrate delle Marche e del Napoletano.

Il di lui rapporto sulla costruzione e l’organizzazione di una rete di ferrovie italiane, in data 26 dicembre 1860, resterà qual documento a più d’un titolo preziosissimo.

In occasione delle nuove elezioni al Parlamento nazionale il commendatore Jacini, che nelle antecedenti elezioni avea ricevuto i suffragi di ben quattro collegi, non avendo ottenuto di essere eletto che in un solo, ed anche dopo ballottaggio, credette, per onorevolissimo scrupolo, dover dare la sua dimissione da ministro nel