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strada di abnegazione e di devozione alla patria, in cui s’era messo fin dalla prima giovinezza.

Nel 1848 il Berardi fu uno di quegli attivi che agitarono quanto seppero il paese, onde indurre il governo a far concessioni.

Accordata in vero una costituzione, che doveva essere così presto ritolta, il Berardi fu eletto deputato nelle prime e nelle seconde elezioni, e fu tra coloro che nella sala di Monte Oliveto protestarono solennemente contro il decreto di scioglimento della Camera.

Nel 1849, non potendo durare a rimanere in patria per l’insolentire feroce della reazione, presentendo che agli uomini devoti al paese non restava altra alternativa che la carcerazione o l’esilio, preferì quest’ultimo, emigrando, e recandosi a fissare il suo domicilio a Firenze, ove rimase l’intero decennio.

Nel 1860, non appena il governo borbonico ebbe cessato d’esistere, il Berardi corse a salutare le ridenti contrade native, e i suoi concittadini lo accolsero festevolmente, sì che il collegio di Piscina, nel circondario d’Avezzana, gli confidò l’alto incarico di rappresentarlo nel primo Parlamento del regno italiano.





Nacque nel novembre del 1812 in San Vito, provincia di Calabria media, dal dottor Giuseppe e da Scolastica Fustaglia; ebbe precettore in casa per gli studî elementari, e fece gli universitarî a Napoli, ove si laureò in legge e nel diritto canonico nel 1835.

Tornato quindi nella nativa Calabria, fermò sua dimora in Catanzaro, ove si diè a esercitare la professione di patrocinante presso quei collegî giudiziarî, e più specialmente presso la Corte di appello.

I sentimenti liberali ed italiani del Doria non tardarono ad attirare sopra di lui la malevola attenzione del governo, il quale non lasciò di manifestargli con mille piccole avanie e col confinarlo in Catanzaro, negandogli passaporto, la propria avversione.