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e al Fontana, milanesi, s’imbarcò su di una nave svedese, il cui capitano tolse i tre esuli per compassione, giacchè eran ridotti in sì misero stato da non possedere che i laceri abiti che indossavano, e pose piede a terra a Palma. Da questa capitale delle Baleari, gli è forza recarsi a Malaga, da Malaga ad Ivica, d’Ivica ad Alicante, d’Alicante a Cartagena, sempre in traccia d’occupazione e di ricovero. In questa ultima città, stretta d’assedio dai Francesi, viene egli, coi suoi compagni, impensatamente sorpreso da repentina capitolazione, sicchè altra alternativa non rimanevagli che restare e andar prigione in Francia, o imbarcarsi di nuovo e fuggire. Evidentemente quest’ultimo partito era da preferirsi, ma per partire ci voleva denaro e gli esuli non ne avevano.

Il generale Torrijos, commosso alle parole che gli dirige il Beolchi, malgrado la gran quantità di compromessi di ogni sorta che assediavano dì e notte il governo chiedendo passaporti e soccorsi, dà ordine sieno pagati quindici scudi a testa al Beolchi e al suo indivisibile compagno il Fontana, e sieno loro concessi imbarco e viveri fino a Gibilterra. Quell’ordine però stava per non essere eseguito, se a caso l’intendente al quale eransi diretti, essendo stato prigioniero di guerra, durante l’impero francese, in Alessandria, ricordando i cortesi trattamenti che vi avea ricevuti, non gli avesse anteposti ai propri concittadini col far pagar loro la somma.

Imbarcati sovra un legno genovese, tenuto in sequestro per motivo di contrabbando e che si rilasciò libero a condizione che trasportasse gli esuli a Gibilterra, essi giunsero felicemente nel porto di questa formidabile piazza di guerra, ove la costanza e la fermezza d’animo del nostro Beolchi, già tanto esperimentate, dovevano esser messe ancora a durissima prova.

Difatto, vietando gl’inglesi, per gelosia di quella piazza forte, che alcuno straniero, il qual non avesse rispondenti nella città o mancasse di mezzi di sussistenza, potesse penetrare nel recinto della medesima, fu giuoco forza ai nostri esuli di tenersi per fortunati se lor venne concesso di trovar ricovero sovra un pontone