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Chi non farà plauso all’illuminato governo del Re Galantuomo di aver chiamato un personaggio del senno, della scienza e del patriottismo del conte Arrivabene a sedere nell’illustre Senato del nuovo regno italiano?



Ecco un nobile veglio, dinanzi al quale la gioventù d’Italia deve pure inchinarsi con profondo rispetto e sentita riconoscenza, avvegnachè egli sia un di quei pochi che posson dirsi con sicurezza di coscienza e purità di soddisfacimento: molto operai col senno e con la mano a vantaggio dell’italica redenzione.

Francesco Avesani è nato a Verona sul cadere del secolo scorso da nobile e benemerita famiglia. Il padre di lui, uomo d’integri costumi ed alta capacità, fu ufficial superiore del genio in servigio dell’antica repubblica veneta. Il figlio, informandosi di buon’ora all’esempio del genitore, educò ad un tempo l’intelletto ed il sentimento alle più nobili ed utili discipline, alle aspirazioni le più patriottiche e generose.

Compiti gli studi universitari a Padova, avvocatatosi e fissata stabile dimora in Venezia, egli si ebbe ben presto guadagnata in quest’illustre ed infelice metropoli la stima e la fiducia d’ognuno.

Non entreremo nei particolari d’una vita che si può dire quasi privata in confronto di quella tutta vissuta a pro della patria posteriormente dall’Avesani; ma ci limiteremo a confermare che nella città dei dogi non si operava cosa che buona e bella si fosse cui non prendesse parte principalissima il nostro protagonista.

Nell’inverno del 1845-46 l’Avesani ebbe per la prima volta a trovarsi in contatto diretto coi governanti austriaci a cagione delle vertenze che insursero tra questi e la Società della Strada ferrata tra Venezia e Milano.

Delegato a Vienna insieme ad altri, tra i quali figurava il De Bruck, poscia ministro delle finanze, onde patrocinare i vantaggi della Società medesima, egli ebbe