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Al momento delle elezioni egli annunziò ai propri concittadini, che ove egli fosse stato eletto rappresentante italiano come era di cuore e di sangue, sarebbesi in Parlamento, opposto a tutto suo potere all’annessione, protestando in proprio nome ed in nome dei proprî concittadini contro le conclusioni del trattato del 24 marzo. Eletto di fatto deputato insieme a Garibaldi, egli prese la parola con tutta l’energia e l’eloquenza immaginabili per combattere il progetto ili legge proposto dal conte di Cavour.

Ma malgrado tutta la simpatia che i Nizzardi potevano inspirare, e l’influenza del Garibaldi e del Laurenti, alte ragioni politiche consigliarono l’adozione della cessione, tosto avvenuta la quale, i due deputati Nizzardi dettero le loro dimissioni.

Rimase per alcun tempo il Laurenti, dopo quel fatto per esso così doloroso, lontano dai pubblici affari, e non fu che nel 1861, che, presentato da Garibaldi ai suffragi degli elettori di Palermo, ebbe confidato da essi il mandato di rappresentante al Parlamento nazionale.

Abbiamo sott’occhio un indirizzo di ringraziamento del Laurenti ai suoi elettori, del quale ci pare utile di citare le seguenti parole:

«Questo voto del secondo collegio di Palermo, dic’egli, proclama solennemente, e una volta di più, in faccia al mondo intiero, che Nizza fa parte della terra italiana. Si, Nizza è italiana! Amico di Garibaldi, di già noto nel Parlamento subalpino, io non ho duopo far promesse, o proteste, io voglio l’Italia una e libera. So qual sono i vostri desideri, mi è pervenuto all’orecchio l’energico grido col quale avete indicato la meta verso cui volete che il vostro capitano vi conduca, cioè a Roma e a Venezia. Roma e Venezia mi stanno sempre fisse in mente, e vi giuro, che il vostro volere troverà in me, un fedelissimo, un ardentissimo interprete. E se la fortuna può essermi tanto favore vole da permettermi di vedere la nostra bandiera sventolare sul Campidoglio e in cima al palazzo dei Dogi allora io vi dirò: Palermitani, Nizza è ancora separata dalla sua gran madre, l’Italia, andiamo a ritorre agli stranieri il paese nativo del vostro liberatore».