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senatore.


È un vecchio soldato che pel suo patriottismo venne in uggia al Governo borbonico e dovette, per isfuggire la prigionia e peggio, cercare un ricovero fuori della patria Napoli, da esso tanto amata.

Stabilitosi a Firenze, vi visse anni tranquilli circondato dalla stima e dall’affetto dell’emigrazione napoletana che colà era assai numerosa.

Non appena fu da Francesco II, collo scopo di evitare il fatale destino che già gli pendeva sul capo, promulgata la costituzione, il Topputi fu dei primi a restituirsi in patria, ove si adoperò subito con un ardore straordinario, per un uomo già grave di età, in favore dell’unità d’Italia, unità che non poteva conseguirsi altrimenti che mediante la cacciata del Borbone. E questa effettuatasi e il plebiscito avendo so lennemente riunite le provincie napoletane alle sorelle dell’Italia centrale e settentrionale, il Topputi ebbe dal Governo del Re l’importantissimo incarico di organizzare e quindi di comandare la guardia nazionale di Napoli.

Nell’accompimento della quale missione quanto lodevolmente si adoperasse e come mirabilmente riuscisse tutti quelli che hanno visitato Napoli lo sanno, mentre in verità nulla si può vedere di più perfetto, sia per tenuta, sia per disciplina, sia per precisione e abilità nelle manovre, sia infine per fervore patriottico e per ispirito di corpo e d’ordine della guardia nazionale di quella illustre metropoli.

Egli è quindi a buon dritto che il prode generale gode di una immensa popolarità in Napoli, popolarità di cui a prova recente non abbiamo che a citare come gli sia stato affidata la presidenza di quel gran meeting sulla Convenzione del 15 settembre colla Francia, al quale presero parte, manifestando sentimenti ed apprezzazioni identici, gl’Imbriani, i Settembrini, i Nicotera e i Ricciardi.