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produrre una durevole impressione nel di lui animo, e a dargli speranza ch’essa potesse, come disgraziatamente non accadde, influire sui destini d’Italia.

Passato quindi in Inghilterra, ove si trattenne alcun tempo per conoscere le cose le più notevoli e gli uomini i più distinti di quell’illustre paese, si recò a visitare la Germania, fermandosi in Berlino e in altre città tedesche, a studiarvi i vari sistemi, filosofico-storici, che resero celebri quelle università.

Dopo così lunghi viaggi, Ranieri avrebbe voluto finalmente rientrare in patria, se non che il Governo borbonico, il quale lo teneva d’occhio durante le sue lunghe peregrinazioni in terra straniera, informato delle amicizie illustri contratte dal giovinetto, non si spaventasse di ciò ch’egli avrebbe potuto per avventura fare, una volta che fosse rientrato nel regno, converti il consiglio di viaggiare che aveva dato d’apprima, in un esilio assoluto. Contesogli di tal maniera il soggiorno della nativa città, il Ranieri si restitui a Firenze, la città sua prediletta, da dove faceva frequenti escursioni a Pisa, in una delle quali, ebbe occasione di avvicinare quel sommo italiano che era il Leopardi, col quale non tardò a legarsi in istrettissima amicizia. È in questo punto, e su questa importantissima fase della vita del Ranieri, che noi cederemo la parola al Chieco, che la descrive con la maggior esattezza.

«Leopardi, tutti lo sanno, era un tronco umano che penava e pensava. Il padre suo, amicissimo del Canosa, d’abbietta memoria, autore di un catechismo, in cui definisce gli uomini, cose di re, come i polli di chi li compera, uno dei capi della setta dei Calderari, avaro, quantunque agiatissimo, e pieno di mal talento verso il figlio che aveva opposte inclinazioni, negava a questo, fuori della casa paterna, tanto quanto necessitava a farlo vivere, ancorchè modestissimamente. Leopardi adunque, povero, deforme di corpo, esulcerato l’animo di dolori e delusioni, increscioso a se, ad altrui, aveva necessità di un’amicizia piena di annegazione assoluta, la quale gli facesse sopportare quella vita, che era morte lenta del corpo, e martirio continuo della mente.