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pre disinteressato, e ciò contribuiva non poco a far si che niuno avesse a sua volta interesse a trovare che fosse fatto male ciò che non era fatto mai in qual si fosse caso per vantaggio personale di sè o de’ suoi.

Più tardi sapendosi, com’era giustizia, molto grado al Marolda per quanto egli si era adoperato in vantaggio della cosa pubblica, gli si offersero impieghi ed anche assai elevati a titolo di compenso. Ma il Marolda si era sempre com’egli stesso diceva contentato del poco, non aveva quella sorta d’ambizione che consiste nel vedere alcuni uomini nostri uguali affaticarsi a curvare la spina dorsale onde tenersi in una certa postura che valga a mostrar meglio in faccia a noi quanto caso di noi essi facciano, di modo che rifiutò ricisamente ogni qualunque carica ed incombenza compensativa.

Ma i suoi concittadini vollero mettere anche una volta a prova la di lui abnegazione e lo elessero a proprio rappresentante in seno al Parlamento nazionale.

Il Marolda accettò un tanto onore, e venuto alla Camera si sedette a sinistra e votò quasi sempre con questa, sebbene tuttavia noi sappiamo ch’egli non ha impegni di sorta, e che se si è seduto da quel lato dell’Assemblea l’ha fatto piuttosto per mostrare chiaro a tutti ch’egli è e che vuol rimanersi indipendente, piuttosto che per partito preso di votare costantemente col Mordini e compagni, ammesso che questi ultimi fossero anche in tutte le quistioni d’accordo per votare uniti.

Il Marolda pubblicò non ha guari un resoconto intorno alla situazione finanziaria che è sembrato esagerato a varî tra i principali organi giornalistici di Torino.

La Gazzetta e La Stampa sopratutto lo criticarono assai vivamente. Ma l’esposizione fatta in questi ultimi giorni dal ministro Sella prova che il quadro trovato dal Marolda non era poi tanto lontano dal vero, quanto lo si predicava altamente.