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lasciare il suo posto per cederlo a Cavour, il quale, da quel punto di nome e di fatto capo del gabinetto, grazie a quella maggiorità che si aveva procacciata coll’alleanza con Rattazzi e col centro sinistro, potè francamente entrare nella via di quella politica che rese immortale il suo nome e fece dell’Italia quello che è presentemente.

Con Cavour a capo del governo del re, dalla presidenza della camera al ministero il passo doveva esser facile per Rattazzi. Egli infatti vi entrava nel 1854 assumendo il portafogli di grazia e giustizia, e poco stante, per l’uscita del conte Ponza di san Martino, anche quella dell’interno.

In questo periodo della vita politica di Rattazzi, il fatto più importante è la legge da lui iniziata e quindi ancora attualmente intitolata dal suo nome, sulle corporazioni religiose. Questa legge, oltre al soddisfare ad un bisogno sociale togliendo di mezzo parecchie corporazioni che non avevano più ragione d’essere, oltre al migliorare la condizione della parte più operosa e meno beneficata del clero, esonerando ad un tempo l’erario da una spesa ragguardevole, rispondeva pure ad un voto del paese, il quale e con la stampa e colle petizioni e con deliberazioni delle sue rappresentanze provinciali e comunali invocando l’incameramento dei beni ecclesiastici, voleva sopratutto qualche provvedimento che sminuisse l’influenza clericale. Essa quindi fu accolta con plauso generale. Se non che, arrivata in Senato, metteva in tale orgasmo il partito delle fraterie e della curia romana che per poco non ne nasceva una crisi perniciosissima. Una proposta presentata in nome dell’episcopato dal vescovo Calabiana metteva il ministero nella necessità di offrire le proprie dimissioni nell’intento di lasciare alla Corona la piena libertà d’azione. Se non che la specchiata lealtà del principe e le più solenni manifestazioni dello spirito pubblico impedirono che la crisi momentanea avesse conseguenze durevoli. Il ministero Cavour-Rattazzi restò al potere, e la legge sui conventi uscì dalla prova. Solo per ispirito di conciliazione fu accettata una proposta del cavaliere Des Ambrois, la quale, in-