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Alcuni di quei cittadini divennero di tal guisa dotti, esperti e valorosi militari, che, rientrando nella penisola al momento in cui ella tentava uno sforzo sublime contro lo straniero oppressore, poterono riuscir di gran vantaggio alla patria dedicandole il valoroso braccio e l’esperienza guadagnata nelle lunghe e pericolose fazioni pugnate in Portogallo, in Ispagna, in Algeria.

Uno dei più notevoli di tali figli d’Italia è appunto Enrico Cialdini, il vincitore di Palestra e di Castelfidardo, l’espugnatore di Ancona e di Gaeta.

Sentiamo i particolari che sulla sua fanciullezza ha trasmessi il suo zio, l’avvocato Francesco Cialdini:

«Mio nipote Enrico, figlio del povero mio fratello, ingegnere Giuseppe, e della Luigia Santyan y Velasco, nacque nella nostra villa in Castelvetro di Modena, il 10 agosto del 1813.

«Suo padre andò più tardi ad abitare in Reggio colla famiglia in qualità d’ingegnere capo d’ufficio di acque e strade. Quivi Enrico cominciò la propria istruzione presso i Gesuiti, i quali, avendo scorto nel giovinetto molta svegliatezza d’ingegno e concepitone belle speranze, cercarono affezionarlo al loro sistema e lo circondarono di speciali premure per adescarlo. Ma Enrico, sentendosi, per istinto, avverso ai reverendi padri ed alle loro dottrine, non corrispose per nulla alle aspettative lojolesche; per la qual cosa mutarono essi l’apparente affetto in odio reale e le tenere cure in astiosa persecuzione. La vivacità del fanciullo ne porgeva loro il destro.

«Un bel giorno disegnò colla penna un asino e un gesuita e fra l’uno e l’altro mise il segno matematico d’ugualianza =. Era delitto da non perdonarsi, e per questo e per altri scherzi di lui, i Padri giunsero al punto di cacciarlo dalle scuole, come ragazzo scapestrato, indocile a qualsiasi ammonizione, e ad ogni disciplina scolastica e religiosa.

«Il fanciullo amava lo studio; applicavasi a cose amene ed a gravi. Aveva otto anni quando suo padre, maravigliato dell’attitudine che mostrava per le matematiche elementari, si diede a fargli lezioni serali, in cui lo scolaro progrediva notevolmente; dimodochè