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di diritto romano nell’università di Ferrara all’età di diciotto anni.
Destituito nel 1831 per la parte da esso presa nella rivoluzione scoppiata in quell’epoca nelle Romagne, rimase d’allora in poi sempre inviso al governo pontificio, che lo sorvegliò incessantemente, venendo anche escluso dagli Stati austriaci.
Un di lui opuscolo pubblicato in occasione d’una sua disputa contro certo arciprete Peruzzi, opuscolo filosofico, intitolato Conversazioni di Pietro, e che destò grande curiosità e non poco romore, fece che le persecuzioni clericali contro di lui s’inasprissero.
Nel 1847 fece parte di tutti quei comitati istituiti a Ferrara, onde preparare il gran movimento del 1848, e non appena promulgata la costituzione, ei fu eletto deputato all’assemblea romana.
Si oppose colà con tutte le sue posse all’irruente anarchia ed alla decretazione della costituente, e malgrado ciò quel governo provvisorio gli affidò la carica di preside della provincia di Frosinone, nella quale ei seppe, in quei tempi di fieri sconvolgimenti, mantenere l’ordine il più perfetto, guadagnandosi a buon dritto la stima e la gratitudine di quella popolazione.
Cessata la repubblica romana, il Mayr dovette esulare, e non rientrò in patria che dopo decretata da Pio IX l’amnistia.
Vero è che questa amnistia non impedì al Mayr di esser sempre perseguitato in mille modi, sicché egli si trovava spesso nella circostanza crudele di dover quasi desiderare di nuovo l’esilio.
Il Mayr ha preso pur parte all’ultimo movimento del 1859 e 60, prestando con efficacia l’opera sua a facilitare il governo dell’Emilia ai reggitori piemontesi.
Eletto deputato al Parlamento italiano in ambedue le ultime legislature, egli appartiene a quella maggioranza illuminata e indipendente che ha dato così saldo e valevole appoggio al conte di Cavour.