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tonio in Genova, che avea dato tale somma ad imprestito con obbligo verbale dei monaci; nel 1298 il priore Sycard lo rimborsava1.

Ma non passarono molti anni senza che di puovo fossero costretti di indebitarsi. Si rivolsero ai marchesi Doria per mezzo del priore Ugo Raymondo nel 13172. Questo fatto è giunto fino a noi per la cessione di questo credito di 190 lire genovesi fatta nel 1345 dal marchese Morfello Doria di Dolceaqua al proprio fratello Oliviero, marchese d’Apricale.

Ma i debiti del monastero in quel frattempo non facevano che aumentare e la miseria degli abitanti di Seborga erasi fatta tale che era necessità il provvedervi a qualunque costo. Cosi nell’anno 1584 i buoni religiosi per venire in aiuto ai loro vassalli e poter sopperire alle proprie strettezze risolsero di contrarre nuovamente un oneroso imprestito. Lo contrattarono colla Repubblica stessa di Genova, veri, iusti ac finiti pretii scutorum mille auri in auro Italiae boni auri iusti ponderis ac stamparum. Il reverendo D. Benedictus de Venetys, abbate della Congregazione di monte Cassino e Antonio da Nizza, decano celerario di quel monastero, per gli uni e Giac. de Franchis e Battista Negroni per gli altri, fecero questo contratto.

Il monastero dichiarava, quod indiget aliquibus pecuniarum summis pro subventione urgentium necessitatum earunden nec non et pro suffragio subditorum dicti Abbatis conventus et monasterii dicti loci Sebolci. Esso prometteva alla Repubblica un censo annuo di 50 scudi d’oro e, a garanzia, ipotecavano la terra di Seborga con ogni suo

  1. Doc. 33.
  2. Doc. 35.