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dente confidenza; era ansioso di sapere ciò che ella aveva scritto, ma in faccia ad Alfredo ostentò la più grande noncuranza. — Alfredo proseguì:

— Scrisse una lunghissima lettera a mia sorella, nella quale rammaricava la sua partenza da Brescia. È tanto carina quella fanciulla: e come scrive bene; ti farò vedere la lettera, c’è da leggere per un’ora. — Ella c’incarica di farti i suoi più distinti saluti, sono sue parole, e ti prega di non dimenticare la famosa romanza che le hai promesso.

— Ah! è vero, sclamò Ermanno come se si ricordasse appena allora.

— Oh! mostro, tu eri capace di dimenticartene! Decisamente di voi altri artisti c’è poco da fidarsi; ma tu la farai ad ogni costo questa romanza.

Mamma Alvise non lavorava più. Appena sentì parlare della cugina di Alfredo fissò gli sguardi scrutatori sul volto del figlio; un’idea le era balenata alla mente. Il cuore d’una madre non s’inganna mai, e per quanta indifferenza abbia ostentata Ermanno, ella indovinò perfettamente quale fosse la causa di tanta mestizia. Egli aveva potuto ingannare l’amico, ma non la madre. — Di questa scoperta la buona donna ebbe a rallegrarsi, e pensò che trattandosi non d’altro che d’un po’ d’amore, non aveva a temerne serie conseguenze, confidando nel facile rimedio del tempo.

Alfredo continuò:

— Figurati con quanta ansietà ella attende quella musica.

— Hai ragione, rispose Ermanno, sempre con fare indifferente; nella settimana mi accingerò.

— V’ha di più riprese Alfredo, la cuginetta ti prega anche a nome di sua madre di non dimenticarti di scrivere a Paolo per quei ritratti.

— Va bene.