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zio che l’attorniava; e più di tutto per leggere la lettera di Ermanno, quella cara lettera che avrebbe già baciata le mille volte se non vi era sua madre. —

Arrivarono finalmente, e Laura nel discendere guardò ancor una volta sulla via percorsa pensando che per di là ella sarebbe ritornata a Brescia, presso il suo Ermanno. — Papà Ramati era ad aspettarle, e non appena le vide uscire dalla stazione, corse ad abbracciare Laura, che per la prima volta rispose mestamente alle carezze del padre. — Giunta a casa madama Ramati stanca del viaggio si ritirò; Laura pure poco dopo entrò nella sua camera ove appena giunta congedò la fante che si disponeva a spogliarla. — Chiuse la porta a giro di chiave, sedette al tavolo estrasse dal seno la lettera, la baciò, indi ruppe il suggello e lesse:


Laura!

«Vengo or ora da te, ed è sotto l’impressione delle tue parole che ti scrivo. La mano mi trema ancora come poco fa fra le tue, il cuore mi batte violentemente come se fossi a te davanti, il mio sguardo è tuttora acceso dal fuoco che trovò nel tuo. — Sono espressioni dell’anima, accenti del cuore quelli che scrivo. Ascoltami dunque o Laura. — Nei pochi anni della mia vita trascorsa, io acquistai una ben triste scienza, la certezza cioè che non havvi per l’uomo felicità reale, e dal giorno in cui questa crudele certezza mi apparve chiara ed incontestabile, diedi l’ultimo addio alle bugiarde speranze della vita. —

«Lo scetticismo divenne la mia bandiera; l’arte sola non presentava per me le impronte caratteristiche di una folle speranza: amai l’arte come si ama la