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brezza della sera, sfioravano dolcemente la guancia di lui. — Più volte ella gli aveva stretto il braccio nel suo, ed egli rispondeva collo stesso linguaggio.
La conversazione si ripigliò un po’ più calma, Letizia moderò alquanto il suo spirito permettendosi solo di quando in quando di scherzare sulla distrazione della cugina.
Si parlò di molte cose, di poesia, di musica, di amore, di stelle, di fiori, ed anzi a proposito di fiori, dobbiamo dire che sebbene Laura fosse molto distratta non lasciò sfuggire inosservato un fiorellino che usciva da una siepe elevandosi sugli altri come per farsi cogliere. — Appena ella lo vide, allungò la mano, lo colse senza incomodarsi perchè presentavasi sul suo passaggio; quel fiore passò naturalmente dalle mani della giovinetta a quelle di Ermanno, e tutto ciò senza che la maliziosa Letizia se ne avvedesse.
A quell’idea così gentile, a quell’atto così eloquente nel suo silenzio, Ermanno fu tocco di gioja; non era più una creatura umana che egli si sentiva al fianco, era qualche cosa di soprannaturale, un angelo da cui si elevava un profumo tale di poesia, che lo commoveva in ogni fibra.
Alfredo chiamava al ritorno; si rifece la strada allo stesso modo, questa volta però erano tutti riuniti.
— Signori miei, diceva Alfredo, non possiamo negare d’aver fatto una bella passeggiata.
— Oh! sì davvero verso il Campo Santo, rispose ironicamente Letizia.
— E il passeggio più ameno che abbiamo; questa bella strada fiancheggiata da cipressi, quell’edificio in fondo che chiude la vista, queste statue, tutto costituisce un insieme armonioso.
— Insomma il Cimitero è ciò che v’ha di più bello in Brescia, osservò madama Ramati sorridendo.