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vane artista andavano fino all’esagerazione, e non poteva parlare dell’amico senza dare in elogi infiniti.

Ermanno era si può dire di famiglia in casa Ramati, aveva libero accesso in qualunque ora del giorno, e talvolta per compiacere madamigella Letizia, si fermava sino a tarda sera.

Da qualche tempo però egli aveva sospese le sue visite unicamente per le soverchie occupazioni.

Alfredo per puro diporto era partito alla volta di Milano, ove si fermò qualche giorno presso suo zio, fratello dell’avvocato Ramati, lo zio Pietro, come lo si chiamava. Dopo viva istanze ottenne da lui di condurre la zia e la cugina Laura in Brescia per passarvi un po’ di tempo. — Come al solito Alfredo in causa del suo debole parlò sovente alla cuginetta dell’abilità e del talento di Ermanno, e tanto si esaltò nel magnificarlo, che nacque nella ragazza un desiderio ardentissimo di udire questo portento.

Ecco come stavano le cose, e perchè Alfredo si recò da Ermanno appena arrivato.

Ermanno dal canto suo aveva accettato volentieri giacchè riguardo a madamigella Laura, non eravi a prendersi soggezione. Partito Alfredo da casa sua, egli si rimise al pianoforte, e studiò lungamente. Nella giornata ripassò il suo notturno, ed alla sera verso le sei uscì a passeggiare colla madre. — Ecco qual era l’impegno di Ermanno, il dovere di amico non gli faceva scordare quello di figlio. — Alle otto Ermanno era sulla via che guidava al palazzo Ramati.